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Le indicazioni geografiche di qualità nei discount

Cresce la disponibilità di i prodotti di qualità DOP e IGT nei discount



10 settembre 2016 - Roma

Bisogna avere almeno 40 anni di età, per ricordarsi di quando si faceva la spesa dal pizzicagnolo, dal droghiere e dal norcino. Facevano assaggiare i prodotti che vendevano per invogliarne l’acquisto, ma anche per dimostrare la loro professionalità, la capacità di selezionare e scovare prodotti di qualità a prezzi convenienti. Prendere una fregatura dal negoziante sotto casa era, all’epoca, assai difficile. Non ci vuole troppa immaginazione a capire perché: il passaparola negativo tra i clienti danneggiava seriamente l’immagine del negoziante che poteva perdere facilmente tutti i suoi clienti. Il commercio si basava quindi sulla fiducia reciproca tra cliente ed esercente. Erano i bei tempi in cui i negozi di vicinato abbondavano nelle città. Il denaro non bastava mai e come cantava Lucio Battisti nel giardini di maggio, “…al 21 del mese i soldi erano già finiti”. Per ovviare a questo inconveniente la gente faceva “segnare” la spesa al negoziante che veniva saldato a fine mese. Una specie di necessario “debito di funzionamento” per le famiglie. Altri invece la spesa se la facevano portare a casa. Con l’avvento dei grandi magazzini e supermercati non solo abbiamo perso molti servizi, ma anche più attenzione alla qualità. Fare la spesa era anche un modo per i clienti di socializzare, di imparare a conoscere ed utilizzare gli alimenti e, soprattutto per le giovani massaie, ad apprendere le ricette di cucina.
Il settore del commercio alimentare dava allora più occupazione e lavoro qualificato di oggi, dove soprattutto negli ipermercati, il personale si riduce in pochi addetti al rifornimento degli scaffali (a breve sparirà anche questa figura soppiantata dai robot, come già avviene da alcuni anni nei magazzini di Amazon). Anche la ricchezza che produceva il settore alimentare era meglio distribuita.
Poi negli anni ’90 avvenne la rivoluzione con grandi “store” modello americano. E’ così che nasce la grande distribuzione che conosciamo oggi. La “GDO” (acronimo di Grande Distribuzione Organizzata) a partire degli anni 90, con i suoi ipermercati ci ha dato l’illusione di un risparmio “globale” che oggi però sembra più lontano. Così come lontano sembra essere l’atmosfera dolce e cordiale che si trovava nelle botteghe, almeno per chi abita nelle grandi città.
L’avvento della crisi economica degli ultimi anni, ha portato molti italiani a rifare i conti con il portafoglio, ed escogitare nuove strategie per il tornare ad avere l’illusone di un nuovo risparmio nell’acquisto di alimenti. Una di queste strategie più recenti è quella di rivolgersi al mercato dei Discount. Negozi questi che originalmente proponevano solo merce esposta in locali spartani, con uno scarno servizio self service, con prodotti anonimi, privi dei costi pubblicitari connessi al marchio e spesso di importazione. Questo vanifica in parte il sistema di controllo della qualità e sicurezza italiano, più rigoroso nel nostro paese che all’estero.
L’inasprimento della crisi economica degli ultimi tempi ha portato, a questi supermarket del risparmio, un aumento del valore delle vendite a scapito dei tradizionali negozi di alimentari. Per attirare nuovi clienti i “Discount” stanno ampliando l’offerta commerciale con prodotti a costi contenuti che

evocano in etichetta, a volte impropriamente come la mozzarella “capri” prodotta negli USA o l’olio di oliva “Vesuvio” prodotto in Sud Africa, indicazioni geografiche non corrispondenti o riservate alle DOP ed IGP. Ma chi controlla che le caratteristiche di questi prodotti corrispondano a ciò che viene riportato in etichetta?
Gli operatori del settore che verificano se le indicazioni geografiche contenute in etichetta corrispondano effettivamente al prodotto confezionato sono gli “Agenti Vigilatori” dei produttori consorziati.
Poco conosciuti dai consumatori, questi sono gli angeli custodi della qualità agroalimentare.
Come veri e propri investigatori si recano nelle rivendite di alimentari sparsi sul territorio e, indagando a volte anche in qualità di agenti di pubblica sicurezza, verificano se i prodotti che evocano indicazioni geografiche, corrispondano effettivamente ai requisiti previsti dai disciplinari. Nello stesso tempo controllano anche che prodotti similari non generino confusione nei consumatori, o danni a prodotti o produttori a marchio DOP e IGP.
Ma al momento ci sono solo 229 agenti vigilatori, di cui 123 “semplici”, ed altri 106 con funzioni di agenti di pubblica sicurezza.
Troppo pochi per poter controllare un mercato che oggi tra DOP IGP e STR in italia conta più di 270 prodotti, il cui valore commerciale nel 2015 era di 13,7 miliardi di euro.

(di Mauro Gaudino © - copyright 2016)

 
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