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La pasta: sarebbe meglio definirla agroalimento

Distinguere gli alimenti industriali di seconda e terza trasformazione da quelli che mantengono le caratteristiche del prodotto agricolo di base.



29 febbraio 2017 - Roma

In Italia la pasta, con il suo consumo pro capite di 28 kg l'anno, è l'alimento tipico della nostra dieta, quella mediterranea, che tanti nutrizionisti all'estero ci invidiano. Quella in cui farinacei, pesce, vegetali e olio di oliva la fanno da padroni a scapito, soprattutto, di carni rosse, notoriamente più grasse e ricche di acidi grassi saturi delle altre. Un'alimentazione che deriva dalla tradizione contadina del Sud Italia, che pian piano, per gusto e salubrità, ha conquistato nel tempo tutto il nostro Paese in primis, e il resto del mondo in secundis. Un mondo che si accorge sempre più di quanto una dieta troppo ricca di proteine, grassi e zuccheri raffinati porti all'obesità e ad altre gravi conseguenze per la salute. La pasta aiuta a vivere meglio anche favorendo un riposo migliore. Infatti, è ormai assodato che, con i suoi carboidrati, essa attiva un meccanismo il  quale fa aumentare la disponibilità nel sangue di un amminoacido essenziale precursore della serotonina, il triptofano. Ciò porta all'aumento di produzione della serotonina nel cervello e, quindi, all'aumento dello stimolo al sonno. Circa l'importanza della pasta in tavola, sono d'accordo tecnici della dieta e dell'alimentazione bilanciata come i nutrizionisti, ma anche gli chef e i gastronomi che notoriamente sono più sensibili al gusto e alla qualità della cucina, piuttosto che alla linea. La pasta, in definitiva, è un alimento completo: è nutriente, gustoso, digeribile, saziante e chi più ne ha più ne metta. Il termine “alimento”, tuttavia, è quello più giusto da utilizzare per indicare questo prodotto italiano di indiscutibile eccellenza? Per rispondere a tale domanda è opportuno fare una serie di considerazioni sul significato di prodotto agricolo e alimento. Dal prodotto agricolo all'alimento possono intercorrere numerose operazioni e trattamenti tali da trasformare sostanzialmente la natura e la qualità del prodotto finale. Se, da una parte, l'industria di trasformazione conferisce un valore aggiunto al prodotto agricolo, quella primaria non apporta modifiche sostanziali alla sua natura e qualità. Mentre non si può affermare sempre lo stesso delle industrie di seconda e (soprattutto) di terza trasformazione che, staccate dalla produzione agricola, si occupano di alimenti continuamente più sofisticati ed elaborati. Si tratta di differenze significative, che, incidendo nella qualità finale, farebbero meritare al prodotto di prima trasformazione una distinzione semantica più netta dai prodotti indistriali di prima e seconda trasformazione. Una trasformazione che potrebbe essere operata in ambito lessicale, con l'utilizzo del termine "agroalimento" per tutti i prodotti agricoli di una certa qualità. Secondo chi scrive (un tecnico del marketing agroalimentare), infatti, con questo termine si dovrebbe intendere solo l'alimento in cui il prodotto agricolo trasformato mantiene importanti caratteristiche qualitative e organolettiche, riconducibili e riconoscibili all'elemento agricolo di partenza. Mentre il termine “alimento” dovrebbe essere utilizzato per indicare, più genericamente, una qualsiasi sostanza commestibile e nutriente, in cui le caratteristiche qualitative e organolettiche non necessariamente devono ricondurre al prodotto agricolo di base. Sarebbero, pertanto, “agroalimenti” i soli prodotti primari, come le verdure, la frutta, i pesci e i crostacei e quelli trasformati, quali la farina, lo zucchero, il caffè, l'olio, il vino, la marmellata e, per l'appunto, la pasta. Sarebbero generici alimenti, invece, i prodotti alimentari in generale, e più specificamente quei prodotti industriali di seconda e terza trasformazione, come dolciumi, alcune bevande, snack, pasti sostitutivi, integratori alimentari ecc..., ma anche l”olio di semi o da olive raffinati (rettificati) anche se vergini (cioè ottenuti meccanicamente senza solventi) in quanto, come i grassi idrogenati, hanno qualità e caratteristiche organolettiche piuttosto differenti dal prodotto di partenza.

(di Mauro Gaudino © - copyright 2016)

 
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